Tutti dicono che la festa di Halloween sia solo una mostruosa festa consumistica, una “stupidata americana”, ma siamo davvero sicuri che sia così?
Abbiamo studiato le antiche consuetudini popolari italiane e abbiamo scoperto che ovunque si festeggiano da sempre i defunti. La festa dei morti all’inizio di novembre è una tradizione religiosa antica, fusa con i culti pagani già molti secoli fa; ogni regione ha il suo modo per celebrare questo giorno di festa.
C’è un elemento comune molto curioso: pare che si credesse un po’ ovunque che, durante la notte della festa, i defunti tornassero nelle proprie case. Per questa ragione, troviamo spesso l’usanza di preparare le case ad accoglierli con cibo, acqua e letti per essere utilizzati.
Tutto questo accadeva già molto prima che gli irlandesi portassero in America il Capodanno celtico, una festa pagana legata all’antica cultura celtica, che si festeggia il 31 ottobre, da cui origina la festa americana di Halloween per come la conosciamo oggi.
Ebbene sì! Furono gli irlandesi a portare in America questa tradizione, in breve diventata uno dei momenti più significativi dell’anno per gli abitanti locali che se ne sono da subito innamorati, arrivando a vederla come una festa propria della loro cultura.
Proviamo dunque a riscoprire insieme le tradizioni nostrane regione per regione della festa più mostruosa che ci sia!
Andiamo a spasso per il nostro bel Paese da nord a sud!
Valle D’Aosta
I bons défunts, così venivano chiamati i defunti valdostani, che secondo la cultura popolare tornavano nelle proprie case durante la notte tra l’1 e il 2 novembre. I cari lasciavano pronte tavole imbandite di cibo (castagne, vino, pane, formaggio e carne) e secchi d’acqua per sfamare e dissetare le anime dei morti.
Durante la giornata di Ognissanti si suonavano le campane per tutto il giorno e nei bar dei paesi e delle città si distribuivano gratuitamente caldarroste.
Piemonte
Anche i piemontesi aspettavano con ansia il Giorno dei Morti per accogliere il ritorno dei loro cari nelle case. Recitavano il rosario in famiglia e cenavano con castagne e prodotti locali.
Le case venivano poi lasciate vuote, i letti rifatti e la tavola imbandita di pietanze affinché le anime tornate potessero sfamarsi in pace e a sazietà.
I dolcetti classici “ossa dei morti” e del buon vino rosso non potevano mai mancare.
Per accompagnare il ritorno e cacciare gli spiriti maligni, nel paese le campane suonavano durante tutta la notte e i camini venivano lasciati accesi per poter scaldare le anime.
Lombardia
Nella notte della vigilia di Ognissanti si era soliti lasciare una ciotola di latte, un secchio pieno d’acqua e un bicchiere di vino rosso insieme a qualche pietanza, affinché le anime di ritorno dall’Aldilà potessero nutrirsi e dissetarsi. Alcuni lasciavano delle zucche piene di vino, delle sedie attorno al focolare, castagne bollite o ceci; i letti venivano rifatti e si preparava il caffè, il pane tipico detto “Pà dei mòrcc” e i biscotti classici “oss de mort” per accogliere il ritorno dei propri defunti.
Le “Lumere” o “i cò dè mòrcc” erano le zucche intagliate e illuminate con il cero che venivano posizionate per le strade o usate dai bambini per girare casa per casa a chiedere cibo per i morti, tra cui noci, nocciole e castagne.
La via del ritorno dal cimitero a casa era sempre illuminata per evitare che le anime dei defunti potessero perdersi. Alcuni decidevano addirittura di percorrerla più volte durante il giorno per accompagnare i propri cari defunti sulla via del ritorno.
Trentino-Alto Adige
Stanze calde, tavola apparecchiata, focolare acceso, grandi pani dolci chiamati “cavalli” e dolci di fichi secchi (zeltern) sui davanzali delle finestre, queste le usanze trentine per accogliere il ritorno dei defunti durante la festa dei morti. La sera del primo novembre si era soliti suonare le campane per svegliare le anime dei morti e farle tornare nelle proprie case dove trovavano i letti pronti per il riposo.
Le zucche venivano intagliate a forma di teschio e illuminate con i ceri, mentre i gusci di lumache venivano posizionati sui muretti, riempiti di olio e gli veniva dato fuoco per illuminare il cammino.
Il 2 Novembre i più piccoli giravano per le case chiedendo “cuzze per i vivi, requie per i morti, carità per i vossi pori morti!“
A tutt’oggi, in Valle Aurina, dal primo al nove novembre di sera, gli uomini col viso coperto da una maschera di legno (Pitschelesingen) sono soliti girare di casa in casa chiedendo aiuto per i poveri.
Veneto
Risotto con la zucca e ricette di zucca di ogni tipo venivano realizzate con la polpa delle zucche svuotate per poter essere intagliate, illuminate con il cero e posizionate sui davanzali delle finestre. Ecco a voi le “suca baruca” o “suca bruca”, anche dette “Lumere” o “ lumaza“, zucca tipica alla maniera veneta.
Quando si dice di necessità virtù, perché si sa, in cucina non si butta via nulla!
Si lasciavano i letti fatti e la tavola imbandita con gli “oss de mort” e le “fave dei morti” prima di andare a dormire per concedere un sereno ristorno ai propri defunti tornati per la festa.
I giovanotti usavano le zucche intagliate e illuminate anche per fare degli scherzi ai passanti durante la notte e ridere insieme a crepapelle, facendo scherzi paurosi e simpatici dispetti ai compaesani. Altre famiglie invece preferivano non intagliarle, bensì riempirle di vino da offrire alle anime sulla via del ritorno.
E…udite, udiete…le famiglie nobili accoglievano il ritorno dei cari in casa con una ciotola piena di sangue di coniglio….che cosa davvero macabra!
Friuli – Venezia Giulia
Durante la notte del primo di novembre si era soliti andare in processione al cimitero a benedire i defunti.
La tradizione popolare sosteneva che i morti uscissero dalle tombe e tornassero a casa, perciò veniva illuminata la strada con lumi alle finestre ricavati da gusci di lumaca, lasciati i focolari accesi, gli ingredienti per potersi preparare da mangiare e alle volte anche il materiale per rammendare o fare altri lavoretti.
Per accompagnare il loro tragitto e scacciare gli spiriti maligni, si suonavano le campane dalla mezzanotte del primo di novembre alla mezzanotte del giorno seguente.
Venivano inoltre intagliate zucche a forma di teschio e illuminate all’interno con un cero, dette “morte zuchèta”, da appoggiare sulle tombe dei defunti o per fare scherzi ad amici e parenti.
Liguria
I liguri accoglievano il ritorno dei propri cari con i “bacilli” (fave fresche) e i “balletti” (castagne bollite), letti rifatti e puliti, camini accesi e lumi lungo il tragitto per aiutarli a ritrovare la strada di casa. Il giorno seguente i parenti si recavano in chiesa, qualcuno andava a pregare dinanzi al cimitero, altri ancora bussavano sulle tombe per poter svegliare i propri cari.
Curiosa è la cultura delle candele lunghe e fine di cera colorata raggomitolate su sé stesse più volte dette “dell’ufficiolo” che venivano regalate ai bambini perché ornassero chiese e case. Ai più piccoli la notte i nonni raccontavano storie paurose.
Nei pressi delle campagne e dei cimiteri si potevano trovare le classiche zucche intagliate a forma di teschio e illuminate con il cero, che prendono il nome di “morte secca”. La loro funzione era spaventare i passanti.
Ancora oggi per questa ricorrenza, i pasticceri preparano fave di pasta di mandorla e altri dolci tipici.
Emilia-Romagna
“La Piligréna” questo il nome della zucca intagliata e illuminata con il cero che veniva posizionata nella notte del 31 ottobre lungo le mura dei cimiteri e per le strade, per scacciare le streghe e poter far tornare serenamente a casa i defunti durante la festa dei morti.
Letti rifatti e tavola imbandita, cibo in strada e negli angoli delle piazze, così emiliani e romagnoli accoglievano i loro defunti in casa. Durante il giorno si era soliti andare in chiesa e al cimitero ove si lasciava un lume acceso su ogni tomba. Ogni defunto, infatti, doveva poter vedere e trovare il proprio tumolo per poter tornare nell’Aldilà il giorno seguente.
Il cibo per calmare le anime dei defunti veniva anche chiesto dalle famiglie o da giovani mascherati bussando casa per casa chiedendo “Carità di murt”.
Classica ricetta era la piadina dei morti: una ricetta antica realizzata con l’impasto del pane, frutta secca e mosto.
Toscana
Scherzi con le zucche venivano organizzati dai toscani in tempi antichi per spaventare i passanti durante la festa dei morti. Le zucche venivano intagliate e vestite in modo da spaventare la malcapitata vittima del gioco dello “zozzo“. La zucca intagliata prendeva il nome di “morte secca”.
Le tradizioni toscane prevedevano poi una sorta di beneficienza generalizzata, ad esempio chi possedeva una cantina offriva ad ognuno un bicchiere di vino, chi aveva bestiame offriva latte e formaggi, chi aveva i forni offriva pane.
Ai bambini si metteva una collana fatta di mele e castagne bollite, dette “sfilza” e agli orfani si cucivano grandi tasche davanti ai vestiti, per poter ricevere doni di ogni tipo.
Per il ritorno dei morti si lasciavano tavole imbandite con il pan dei santi, chiamato anche pan dei morti un dolce da forno a base di farina, noci, miele, strutto e uvetta, insaporito con del pepe nero.
Marche
Gli “Stinchetti dei Morti” o “fave dei morti” era la particolarissima ricetta tramandata di madre in figlia per festeggiare il ritorno a casa dei defunti.
Tradizione vuole che venissero intagliate le zucche e illuminate con un cero al loro interno, le quali prendevano il nome di “la paura“.
Per le strade dei paesi girava la “mort ‘mbriaca” ovvero un adulto che indossava un sacchetto in testa, portando in mano una lanterna accesa, che raccoglieva frutta e biscotti, mentre i bambini andavano per le strade facendo “cattendi” ovvero chiedevano cibo e offerte.
Si era soliti fare la carità; i più ricchi donavano ai più poveri fave e amaretti.
Si cuocevano “le castagne de li morti”, ovvero castagne lesse o arrosto, zuccherate e bagnate con alcol o cognac e il pa’ nociato fatto di pasta di pane, olio, noci pestate, uva appassita, zucchero e cedri.
Umbria
Tradizioni molto simili a quelle marchigiane, anche in Umbria si usava preparare gli “Stinchetti dei Morti” un dolce molto gustoso che serviva per alleviare la tristezza dei morti. La ricetta umbra prevede una base di mandorle tritate e zucchero, farina, burro, buccia di limone per accogliere il ritorno dei defunti nelle case. Quest’antichissima tradizione è rimasta nelle strade umbre fino a non molto tempo fa, quando le bancarelle vendevano questi biscotti tipici per le vie delle città.
Lazio
I romani mangiavano “le fave da morto” o le “ossa da morto” vicino alla tomba dei propri cari, vestivano le zucche intagliate e illuminate mostruosamente per poter spaventare amici e passanti. Erano chiamate “La Morte”. Si giravano le case dei compaesani chiedendo il “bè pei Morti”, che di solito consisteva in fichi, nocciole e dolciumi vari. Tutti dovevano contribuire al pasto dei defunti, altrimenti una maledizione sarebbe caduta sulla casa; recita il vecchio detto “Dammi il bè dei morti se no ti caccia l’occhi”.
Abruzzo
Durante la festa di Ognissanti, la tradizione abruzzese vuole che i defunti tornassero sulla Terra per restarvi fino al periodo dell’epifania.
Per accogliere il loro arrivo, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, si riempivano le finestre di lumi e si lasciava la tavola apparecchiata per farli sfamare.
Molise
In tutta la regione era diffusa la credenza del ritorno dei morti e della loro permanenza fino all’Epifania, perciò si lasciava la tavola apparecchiata, si intagliavano e illuminavano con il cero zucche che prendevano il nome di “mort cazzuta” e si esponevano sulle finestre e nelle strade buie, per spaventare i passanti.
Si preparavano cene da consumare in compagnia di amici e parenti e delle porzioni venivano lasciate sulle finestre come offerte per i cari estinti.
Ai bambini che giravano per le case chiedendo offerte per i defunti si regalavano legumi e frutta di stagione.
Campania
Durante la festa dei morti le tradizioni campane prevedono fior fior di ricette tipiche: il torrone dei morti (torrone morbido a base di cioccolato nelle varianti gianduia e nocciola e molte altre ancora), il “monachino” e i “murticielli” (un dolce di uovo battuto a forma di osso).
Questi dolci venivano lasciati sulla tavola come offerta agli spiriti dei morti, insieme a dei secchi pieni d’acqua affinché potessero dissetarsi.
Puglia
“Fuuc acost” era il nome dell’antica antica tradizionale festa pugliese per il ritorno dei morti. Il 31 di ottobre si lasciavano ceri davanti alle foto dei defunti, affinché trovassero la strada di casa e si lasciava la tavola imbandita di pietanze.
“Chemmare Tizie te venghe a cantà L’aneme de le muerte mò m’a da dà. Ah ueullà ali uellì Mittete la cammise e vien ad aprì.”
Con questa filastrocca si giravano in puglia le case del paese per chiedere offerte per i defunti come vino, castagne, taralli, o altre volte fichi secchi, melograni o formaggio.
Si intagliavano le zucche chiamate “cocce priatorje“ e si accendevano fuochi nelle piazze, dove si cucinava alla brace, i cui avanzi venivano donati ai defunti.
Loro in cambio portavano doni speciali ai bambini che fossero stati buoni durante l’anno e carbone a quelli che non si erano comportati bene.
Basilicata
Durante la festa di Ognissanti venivano accesi grandi falò davanti ai cimiteri, il cui fuoco si manteneva vivo fino al 2 novembre. La mattina del 2 novembre per le strade cittadine giravano li pizzent’ (i poveri) reclamando: “Carità a li vivi e carità a li mort’”, in cambio pane e fave.
Calabria
Nelle serre calabre la faceva da padrona la tradizione del “Coccalu di muortu“ (teschio di morto). Durante la festa dei morti i giovani intagliavano a forma di teschio una zucca e la illuminavano all’interno con un cero, passando di casa in casa chiedendo, in cambio cibo, “Mi lu pagati lu coccalu?” (“Me lo pagate il teschio?”).
Un’antica tradizione che molto si avvicina all’odierno “Dolcetto o scherzetto?”
Sardegna
I defunti venivano accolti con tavole imbandite e brocche d’acqua, oltre a lumi per segnare la via di casa.
La tradizione di “su mortu mortu” prevedeva che i bambini andassero di casa in casa chiedendo “ce li deti li molti e molti?”, ricevendo dolci, castagne e fichi secchi.
Le zucche, chiamate “sa conca e mortu”, venivano intagliate con facce spiritate e a forma di teschio e illuminate con un cero per essere utilizzate per scherzi per i più piccoli.
Sicilia
Anche in Sicilia i defunti portavano doni dolci ai bimbi buoni, più erano buoni più i dolci erano gustosi. Tipici erano le ossa dei morti, dolci di pasta di mandorle, la “frutta Martorana”, simile al marzapane ma più dolce e saporito, a base di farina di mandorle e zucchero e confezionato sotto forma di frutta, le “mani”, ossia dei panini dolci a forma di mani e le “dita di apostolo”, dolci di marzapane simili alle dita della mano.
Per accogliere il ritorno dei morti e aiutare il loro ristoro, si lasciava la tavola imbandita con cibo e bevande, e la strada veniva illuminata per non far perdere il defunto durante la traversata.
Il nostro tour alla scoperta delle tradizioni italiane della festa di Halloween finisce qui, se siete a conoscenze di altre ricette tipiche o usanze in uso nelle nostre regioni durante il periodo di Halloween, fatecelo sapere nei commenti.
Non sapevo tutte queste cose sulla festa di Halloween! Articolo molto interessante, prenderò spunto per la festa che farò in casa con i ragazzi! Grazie mille!